Arbusto o alberello caducifoglio, assai ramificato. Una fitta peluria ricopre rami e foglie e la sua altezza varia da 1 a 5 m. È una specie coltivata spesso come ornamentale. I fiori bianco-crema sono ermafroditi, odorosi. I frutti sono drupe dalla tipica forma ovale e schiacciata; prima verdi, poi rosso vivo, infine neri e lucenti. Racchiudono un nocciolo piatto e marrone. I frutti maturi sono un importante fonte alimentare per l’avifauna. Si trovano al limitare dei boschi caducifogli e boscaglie. Specie eliofila e termofila, pioniera in grado di formare densi popolamenti che precorrono l’insediamento del bosco. Si consocia bene con le specie del bosco caducifoglio termofilo: roverella, carpino, nocciolo e orniello. Predilige suoli magri, ben drenati e ricchi di calcio. Si trova dal piano sino ai 1.400m s.l.m.
Il nome del genere deriva dal latino “viere” (intrecciare) con allusione alla flessibilità dei rami utilizzati per costruire cesti. Anche il nome specifico allude probabilmente alla flessibilità dei rami, forse dal latino “lentare” (piegare). L’infusione delle infiorescenze è antinfiammatoria, mentre l’infusione di foglie e ramoscelli giovani serve a preparare compresse da applicare su duroni, ulcere e foruncoli delle gambe. Utile anche per rinforzare le gengive e contro le piccole emorragie. I getti giovanili, molto flessibili, venivano impiegati come materiale da intreccio in sostituzione del salice, sia come legacci che per intrecciare cesti.